Il sogno del Tottenham di poter vincere la Premier League finisce a Stamford Bridge. Sembra la perfetta descrizione del match del maggio scorso, quando la rimonta del Chelsea fino al 2-2 finale sancì il trionfo del Leicester, ma anche in questa nuova stagione possiamo coscientemente affermare che se gli uomini di Pochettino avessero voluto ancora ambire al massimo trofeo nazionale, avrebbero dovuto quanto meno portare a casa un pareggio oggi. La sconfitta relega gli Spurs troppo indietro al cospetto delle tante rivali più quotate.
La sfida tra due allenatori come Conte e Pochettino non è mai banale e rimodula il quotidiano dibattere inglese sul football attorno al mai troppo affrontato tema tattico. Di solito oltremanica privilegiano agonismo e spettacolo, ma come si può ignorare l’aspetto tattico dinnanzi a due allenatori latini noti soprattutto per la maniacalità del loro lavoro sulla squadra? Basti pensare a come Antonio Conte ha rivoltato il Chelsea come un calzino, partendo dal 4-2-3-1 ereditato dalla passata stagione e riproposto fino alla sconfitta dell’Emirates contro l’Arsenal per passare al 3-4-3 che ha portato alle successivo sei vittorie consecutive senza mai subire gol. Anche Pochettino sa il fatto suo ed oggi nel consegnare la distinta ai giornalisti manda in crisi tutte le testate sul possibile modulo col quale si sarebbero disposti i suoi in campo. Ci sono Wimmer, Vertonghen e Dier tra i titolari e i più si sbilanciano per la difesa a tre ed un assetto speculare agli avversari, ma alla prova dei fatti l’allenatore argentino smentisce tutti piazzando Wimmer sulla sinistra al posto di Rose in una difesa a quattro alle spalle dei consueti due mediani Dembélé e Wanyama oltre ai tre trequartisti ed Harry Kane.
Le sperticate lodi all’impenetrabile difesa dei Blues vengono puntualmente ribaltate da un avvio di gara quasi da incubo per la retroguardia guidata da David Luiz. Al 5′ Kane sfugge alla marcatura su calcio piazzato e segna, ma in posizione di leggero fuorigioco e l’arbitro annulla. Conte tira un sospiro di sollievo, ma dura poco, perché, tempo 5 minuti, è costretto a sorbirsi la scena di un allenatore avversario che salta ed esulta per il vantaggio. Strano trovarsi a parti invertite per una volta. Il gol lo firma Eriksen con un gran sinistro da fuori, ma è il preciso coronamento di un forcing degli Spurs che ha preso di sorpresa il Chelsea. Per tutto il primo tempo Conte non riesce a trovare una contromossa. Col punteggio sbloccato in suo favore, il Tottenham arretra l’azione dei suoi centrocampisti centrali predisponendo una doppia linea difensiva a protezione della propria area di rigore. Il centrocampo del Chelsea resta troppo bloccato, con Matic e Kantè impiegati quasi solamente in fase di rottura ed un’azione offensiva lasciata esclusivamente ad ali e terzini molto larghi ed al solo Diego Costa al centro. Inevitabile che il centravanti spagnolo, nonostante faccia a spallate con chiunque come suo solito, non riesca ad emergere in mezzo a così tanti avversari. Il risultato è che gli Spurs hanno vita facile e riescono a recuperare molti palloni sulla propria trequarti per poi innescare le ripartenze di Dele Alli ed Eriksen, che consentono al Tottenham di continuare ad avere le occasioni più pericolose della partita. Poi, all’improvviso, arriva la magia di Pedro.
Non c’è logica molte volte nel calcio. Lo stesso pubblico di casa ormai si era rassegnato a vedere i propri beniamini rientrare mesti negli spogliatoi, vessati da un Tottenham superiore nel gioco e nel punteggio. Invece Pedrito, uno dei molti uomini rigenerati dall’arrivo di Antonio Conte in panchina, si inventa un destro a giro dal limite dell’aria che finisce la sua corsa in fondo alla rete sotto all’incrocio dei pali, dove Lloris non può veramente nulla. E’ il tocco di bacchetta che d’incanto trasforma la partita. Si sa che alcuni momenti all’interno dei 90 minuti sono più cruciali di altri, soprattutto per gli effetti psicologici che sortiscono. Segnare prima dell’intervallo, segnare subito dopo il rientro dagli spogliatoi. Il Chelsea riesce nell’accoppiata, grazie ad un’invenzione di Diego Costa, che attira su di sé la difesa al 51′ lasciando una prateria a Moses sulla fascia destra per inserirsi e trovarsi solo davanti al portiere. Dopo aver ricevuto dal centravanti spagnolo, l’esterno nigeriano conclude di potenza e quasi alla cieca, non lasciando comunque scampo al povero Lloris indifeso. Il Tottenham esce distrutto dal terrificante uno-due a cavallo dei due tempi. Nulla conta l’aver giocato meglio per 44 dei 51 minuti trascorsi. La squadra si affloscia su se stessa e rischia più volte di capitolare nuovamente. Il secondo tempo scorre quasi come il primo, ma a maglie invertite. Chi ha bisogno di recuperare, stavolta il Tottenham, ci prova, ma senza troppo incidere, chi subisce l’azione, stavolta il Chelsea, resiste, riparte ed ha anche le occasioni migliori.
Al fischio finale ci sono solo due certezze: i sogni del Chelsea restano in piedi e si rafforzano, i sogni del Tottenham si sgretolano. E’ vero che c’è tempo, ma finire a -7 dalla capolista e a -6 da Liverpool e Manchester City comincia a pesare. Senza dimenticare l’Arsenal che, vincendo domani, si porterebbe a ridosso del gruppo di testa. La cosa più interessante di tutti, però, è il calendario del Chelsea. Prossimo appuntamento: Etihad Stadium, sabato 3 dicembre, contro il Manchester City. Quale partita migliore per capire chi può ambire veramente al titolo? Il Chelsea ci arriva dopo sette vittorie consecutive, un bel biglietto da visita, ma anche un grosso fardello da difendere contro il peso della statistica che prima o poi reclamerà qualche passo falso.
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